“Aridatece” i Plastici di Bruno Vespa

C’è un limite a tutto, persino allo spettacolo della morbosità. La televisione italiana, da settimane, si è trasformata in un palcoscenico di illazioni e sciacallaggio mediatico, concentrando la sua ossessione sul caso Chiara Poggi a Garlasco. Un’ossessione che ha superato ogni confine di decenza, trasformando il dolore di una famiglia in puro intrattenimento per le masse.
Le critiche, aspre e diffuse da ogni angolo del paese, hanno finalmente scosso qualcosa. La televisione, o almeno una parte di essa, sembra iniziare a fare “mea culpa”. Ma basterà? Quando si arriva al punto che la madre di una vittima, con la dignità e la compostezza che l’hanno sempre contraddistinta, perde la pazienza e urla il suo sfinimento, significa che si è davvero toccato il fondo. “Sono così stanca… Stanca di ascoltare e leggere di segreti, di gialli, di intrecci assurdi, di amanti, di falsità. Le giuro che non ne possiamo proprio più”, ha dichiarato, visibilmente prostrata. Un grido di dolore che dovrebbe risuonare come un monito nelle redazioni di tutti i programmi.
Il suo sfogo è la fotografia di un sistema che ha fallito: “È vergognoso, squallido. Si fanno illazioni su mia figlia che non si può difendere, siamo disgustati da quel che dicono nei vari programmi televisivi, sui social, sui giornali. È arrivato il momento di dire basta, non tollereremo più che si infanghi la memoria di Chiara”.
Il Circo dei “Sedicenti Esperti”
E qui veniamo al secondo, ancor più grottesco, aspetto di questa deriva: il proliferare di sedicenti criminologi, esperti in genetica forense e dattiloscopia che, armati di presunte verità apprese in “un corso online di qualche oretta”, dispensano sentenze con l’arroganza di chi crede di possedere la verità assoluta. Parlano con veemenza di argomenti che chiaramente non padroneggiano, con una sicurezza che farebbe impallidire persino i più celebri investigatori della finzione. Sono personaggi che, per bassi motivi di audience e visibilità, alimentano la confusione e la morbosità, contribuendo a quel clima di caccia alle streghe che tanto male fa alla giustizia e alle vittime.
La Nostalgia dei “Plastici”
La domanda è inevitabile: la stampa e, soprattutto, la televisione sono in grado di autoregolamentarsi? O è la loro stessa natura, spinta da logiche commerciali sempre più aggressive, ad alimentare questa fame insaziabile di orrore e pettegolezzo?
Credo sia arrivato il momento di dire basta. È arrivato il momento di fare un rapido passo indietro, di recuperare un senso di misura e rispetto che si è drammaticamente perso. Mi mancano, e ci mancano, i tempi in cui il racconto della cronaca nera, pur scabroso, manteneva una certa sobrietà. Ci mancano persino i vecchi e cari plastici di Bruno Vespa, con lui che, bacchetta in mano, ci indicava le vie di fuga dell’assassino da un grosso plastico appoggiato su due caprette. Un’immagine quasi comica, se vogliamo, ma che oggi rappresenta un baluardo di decenza di fronte alla volgarità dilagante.
È tempo di spegnere i riflettori su questo circo mediatico e di riaccenderli sul rispetto per le vittime e per la verità. È l’unica via per ridare dignità a un mestiere che, purtroppo, sembra averla smarrita.
Davide Cannella