Garfagnana, maxi truffa e sfruttamento del lavoro per una cinquantina di operai immigrati: quattro denunce

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di Daniele Vanni

Coinvolti circa 50 lavoratori, fra italiani, ma per lo più albanesi, marocchini ed altri extracomunitari di tre cooperative, che di fatto, non erano tali. Per il titolare che di fatto gestiva i “soci” risultati veri e propri dipendenti anche l’accusa di sfruttamento del lavoro. Due rifugiati politici fatti lavorare per due mesi senza paga

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Avevano ottenuto la cassa integrazione ordinaria, beneficiando delle agevolazioni legate all’emergenza Covid, ma, di fatto, secondo la Guardia di Finanza, le cooperative operanti nel settore dell’edilizia non avevano chiuso un giorno e anzi avevano proseguito a lavorare, anche nel pieno del lockdown.

Un sistema, secondo l’accusa, ben collaudato che faceva capo ad un unico datore di lavoro e si declinava in tre cooperative con sede in Valle del Serchio e Garfagnana, in violazione tuttavia del principio della cooperativa stessa, visto che i soci, secondo quanto ricostruito dalla guardia di finanza, avevano il ruolo vero e proprio di dipendenti: in tutta 50 lavoratori fra italiani e stranieri. Perfino due richiedenti asilo erano stati impiegati come tirocinanti ma di fatto fatti lavorare e per due mesi nemmeno pagati.

Quattro persone sono state così denunciate per i reati di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, indebita percezione di erogazione ai danni dello Stato, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro e somministrazione di lavoro fraudolenta.

In particolare, nel corso dei controlli condotti nei confronti delle tre cooperative con sede nella Mediavalle del Serchio, le fiamme gialle hanno ipotizzato che siano state di fatto gestite da persone legate tra loro da vincoli di parentela e che, nel tempo, hanno fatto ricorso ad un indebito uso dell’istituto del distacco di personale tra una cooperativa e l’altra, al solo fine di ottenere un mero profitto economico. Un sistema elusivo delle norme in materia di lavoro, per l’accusa, costituente violazioni di carattere penale in materia di somministrazione fraudolenta di lavoro.

Per queste ragioni, la posizione lavorativa e contributiva di 19 soci lavoratori sono state riqualificate con lo status di lavoratori subordinati.

Per ottenere un notevole sgravio contributivo previdenziale,18 lavoratori erano stati iscritti alla cassa previdenziale artigiani in luogo di quella edile, omettendo di versare, a titolo di contributi previdenziali, per l’accusa 316.582,14 euro.

Nel periodo marzo-luglio 2020, due delle tre cooperative finite nel mirino hanno richiesto e ottenuto indebitamente la cassa integrazione guadagni ordinaria, beneficio assistenziale concesso dall’Inps a seguito dell’emergenza sanitaria Covid19. Ma l’esito dei riscontri è stato che le cooperative, svolgendo attività economiche consentite nel primo periodo di lockdown, non avevano in realtà mai interrotto la loro attività lavorativa, dichiarando un falso stato di necessità finalizzato a ottenere un illecito profitto e a cagionare un danno agli enti previdenziali ed assistenziali pari a 71.170,33 euro.

Nel mirino degli inquirenti anche l’assunzione, come tirocinanti, di 2 rifugiati politici mentre dagli accertamenti eseguiti è emerso che i due erano stati impiegati per due mesi in assenza di retribuzione e formale contratto. Per questo il datore di lavoro e chi ha provveduto a reclutare i lavoratori, sono stati segnalati per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro ex articolo 603 bis del codice penale, avendo approfittato dello stato di bisogno di soggetti cosiddetti “svantaggiati”.

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