Dopo 47 anni, nuovi indagati a Bari per l’omicidio di Benedetto Petrone

Tempo di lettura 5 minuti

Il 18enne operaio comunista fu ucciso a Bari nel lontano 28 Novembre 1977, nel corso di un’azione da parte di alcuni militanti fascisti.

La Procura di Bari ha iscritto adesso alcune persone nel registro degli indagati per questa uccisione.

Pubblicità

Al momento non si sa l’identità, né il numero degli indagati. Nel Luglio scorso, però, il gip Angelo Salerno aveva disposto nuove indagini sul caso, respingendo la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura, per prescrizione, dell’inchiesta aperta nel 2017 a carico di ignoti, in quanto il delitto sarebbe stato aggravato dalla crudeltà e dai futili motivi. Il gip, d’altro canto, non condivise neppure la tesi dell’Anpi e della famiglia di Petrone (assistiti dall’avvocato Michele Laforgia) secondo i quali per il delitto concorreva anche l’aggravante della ricostituzione del partito fascista. Per l’omicidio di Benedetto Petrone fu condannato, come esecutore materiale, Giuseppe Piccolo inizialmente a una pena di 22 anni di reclusione comminata dalla Corte d’Assise di Bari, ridotta in appello a 16 anni nel 1982. L’uomo, due anni dopo la sentenza di secondo grado, morì suicida in carcere. Ma adesso, sempre che siano ancora in vita, si attendono i nomi dei presunti complici ed anche, qualora vi fossero stati, dei mandanti.

Militante comunista di 18 anni, iscritto alla Federazione Giovanile Comunista Italiana, quindi di certo un pericoloso estremista, Petrone venne ucciso in un agguato compiuto da militanti del Movimento Sociale Italiano.

Quinto di 9 fratelli con il padre spesso disoccupato Benedetto viene colpito ad un anno e mezzo dalla poliomielite e nonostante i progressi fatti con cure effettuate al Nord, riesce a camminare, ma con una certa zoppia. Non certo correre e questo lo porterà ad esere ucciso durante una fuga: Petrone quando fu ucciso aveva appena compiuto 18 anni.

La seconda metà degli anni settanta è segnata dal processo di forte avvicinamento tra PCI e DC, detto aulicamente “compromesso storico” (rifacimento tattico delle tesi di Salerno di Togliatti) in verità, vera e propria “spartizione” di potere e dall’acuirsi della strategia della tensione, che portando voti a destra controbilanciava questo connubio che la Destra definiva: “consociativismo”.

Il 1977 è un anno caldo: il 18 Gennaio inizia a Catanzaro il processo per i fatti di piazza Fontana; il 17 Febbraio Luciano Lama, segretario della CGIL viene contestato a La Sapienza dagli autonomi; tra Marzo e Settembre. diversi giovani militanti di sinistra perdono la vita, tra questi Francesco Lorusso e Walter Rossi di Lotta Continua e Giorgiana Masi; nello stesso periodo alle azioni delle Brigate Rosse, si succedono agguati e attentati di gruppi neofascisti.

Bari non è esente da questo clima di tensione. Anzi! La città è divisa in zone controllate da neofascisti, come Carrassi, Murat, Poggiofranco e Japigia e zone controllate da militanti di sinistra come Bari Vecchia e il campus universitario. Alle elezioni politiche del 1976 a Bari il PCI raccoglie il 28% dei consensi, staccato di dieci punti percentuali dalla DC, mentre il MSI si conferma terzo partito con il 12% dei voti (6% a livello nazionale).

Gli scontri tra gruppi si sinistra e cosiddette “ronde nere” si susseguono. Ci sono scontri, lanci di bombe molotov a feste popolari, distruzioni intimidatorie alle auto di giornalisti de La Gazzetta del Mezzogiorno, che da mesi stavano seguendo le indagini del pubblico ministero Nicola Magrone sul rapimento di Enzo Marino, figlio di Angelo, presidente della Camera di Commercio di Bari e dirigente regionale della Democrazia Cristiana, avvenuto il 25 marzo 1977: nel corso delle indagini, Magrone aveva svelato l’esistenza di legami profondi tra i militanti baresi del MSI, membri della criminalità organizzata ed esponenti della borghesia cittadina. Nel Novembre (il mese dell’uccisione di Petrone!) del 1977 il Movimento Studentesco stamperà addirittura un libro bianco sulla diffusione della droga pesante a Bari e provincia, in cui si denuncia la connivenza tra neofascisti e malavitosi nello spaccio di cocaina ed eroina!

Il MSI di Almirante con Fini segretario del Fronte della Gioventù rilanciano spavaldamente due comizi a Bari: uno di Pino Romualdi che non si terrà, per le proteste, e poi uno con Pino Rauti e Gianfranco Fini.

E così gli scontri e le provocazioni si moltiplicano fino alle sera del 28 Novembre. Nel pomeriggio vi sono già stati tafferugli e scazzottate con feriti.

Ma il peggio avviene la sera dopo le 20, quando dopo diverse provocazioni e gruppetti che si scontrano, una quarantina di missini nella zona della Prefettura dà la caccia verso un gruppo di giovani di sinistra che sosta in piazza Massari. Alla vita del numeroso gruppo i comunisti scappano velocemente di corsa, ma non può farlo Benedetto Petrone: la poliomielite che ha lasciato il segno non lo permette.

Dal branco, – seguendo le descrizioni giornalistiche dell’epoca, – pare si sgancino cinque missini che si scagliano contro i comunisti, tre dei quali iniziano a scappare attraversando la piazza, disperdendosi nei vicoli della città vecchia, mentre Benedetto Petrone, con i suoi problemi di deambulazione, resta indietro venendo raggiunto dagli aggressori che si avventano su di lui con catene e bastoni. Franco Intranò, un giovanissimo di 16 anni, mosso a compassione, torna indietro per aiutare il compagno, ma viene gettato a terra e ferito da un’arma da taglio che gli penetra l’ascella, mentre Petrone viene accoltellato all’addome, colpo che gli risulta fatale e poi poco sotto alla clavicola.

Soccorsi qualche decina di minuti più tardi, Petrone giunge in ospedale già morto, mentre Intranò, seppur ferito, riesce a raccontare l’accaduto e a descrivere gli aggressori. Nella notte vengono fermati sei neofascisti. Dei sei giovani fermati poche ore dopo l’omicidio di Petrone e il ferimento di Intranò, tre confessano subito, venendo rilasciati, mentre tre sono arrestati per favoreggiamento. Sia gli arrestati, sia i rilasciati risultano tutti iscritti al Fronte della Gioventù, ma nell’interrogatorio spunta il nome di Giuseppe Piccolo, 23 anni, come esecutore materiale dell’assassinio di Petrone. Il sostituto procuratore Carlo Curione spicca un mandato di cattura per Piccolo, anch’egli missino e latitante, ma anche aderente a Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale, (e si dice, come infiltrato, in Lotta Continua! Mentre il MSI diffonderà la notizia che si tratta di un infiltrato di sinistra e squilibrato) mentre il questore Giuseppe Roma ordina la chiusura della federazione provinciale del MSI di via Niccolò Piccinni, nonché sede del FdG.

Piccolo verrà poi arrestato in Germania con gravissime accuse ed estradato in IOtalia e rinchiuso in un centro psichiatrico carcerario. Poi suicida nel 1984, nel carcere di Spoleto.

A Bari, intanto, ci sarà una manifestazione con oltre 30mila aderenti, ma non si arrestano le violenze.

Contemporaneamente alla partenza del corteo, la sezione “Passaquindici” di Carrassi viene devastata e incendiata dagli autonomi. Il corteo si snoda per le vie della città in un clima commosso e pacifico, mentre invece il gruppo degli autonomi si dirige prima su corso Cavour, dove infrangono i vetri del consolato della Repubblica Federale Tedesca e poi, dividendosi in gruppi, si ricongiungono in via Piccinni per tentare l’assalto alla federazione del MSI, ma sono respinti dalle forze dell’ordine mediante l’uso dei lacrimogeni.

Quando al termine della manifestazione l’imponente corteo sta raggiungendo nuovamente piazza Prefettura, mentre gli oratori sul palco si apprestano a pronunciare i loro discorsi, decine di gruppi di autonomi si dirigono verso via Cairoli, dove ha sede la CISNAL, sindacato di riferimento del MSI. Gli agenti che presidiano l’entrata del sindacato sparano in aria, per disperdere l’avanzata, ma mentre alcuni gruppi ribaltano e incendiano automobili per farne barricate, un altro gruppo entra nella sede del sindacato e getta dalla finestra del secondo piano qualsiasi cosa via sia all’interno, distruggendo poi l’insegna tra gli applausi della folla. Per tutta via Cairoli, il cui ingresso viene bloccato dal servizio d’ordine del PCI, si susseguono gli scontri tra militanti di estrema sinistra e celerini, che sparano colpi di armi da fuoco e lacrimogeni. Le forze dell’ordine, una volta giunti i rinforzi, sgomberano la CISNAL fermando alcuni autonomi, poi rilasciati poco dopo. I disordini continueranno fino alla sera per le principali vie del centro.

Daniele Vanni

CONDIVIDI
  • https://securestreams3.autopo.st:1369/stream
  • Radio Caffè Criminale ON AIR
  • on air