Giovanni Brusca, il “Boia di Capaci”, Torna Libero: Un Paradosso Giudiziario scuote l’Italia

Palermo, 5 giugno 2025 – Giovanni Brusca, conosciuto come il “boia di Capaci”, l’uomo che azionò il telecomando della strage in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta il 23 maggio 1992, è tornato un uomo libero. A fine maggio sono scaduti i quattro anni di libertà vigilata, l’ultimo capitolo del suo debito con la giustizia, dopo un lungo periodo di detenzione e collaborazione con la magistratura.
La sua scarcerazione riaccende il dibattito su un paradosso giudiziario che molti faticano a comprendere. Brusca torna libero proprio grazie alla legge sui collaboratori di giustizia, fortemente voluta e promossa da quello stesso Giovanni Falcone che lui stesso ha brutalmente assassinato. Una legge pensata per smantellare le organizzazioni mafiose, che oggi consente all’autore di decine di omicidi e stragi di riacquistare la libertà.
La Collaborazione di Brusca: Verità o Convenienza?
La domanda che molti si pongono è se Giovanni Brusca abbia realmente collaborato in pieno con la giustizia. Ha davvero raccontato tutto ciò che sapeva sulla strage di Capaci e sulle altre atrocità commesse, o ha fornito una versione di comodo, rivelando solo la “manovalanza” e nascondendo nomi e organizzazioni di più alto profilo che si sospetta abbiano avuto un ruolo determinante non solo nella strage di Capaci, ma anche in quella di Via D’Amelio, dove venne barbaramente assassinato il giudice Paolo Borsellino?
Recentemente, nuove ipotesi e indizi hanno alimentato i dubbi sulla completezza del racconto di Brusca. In particolare, riguardo alla strage di Capaci, emergono interrogativi sulla presenza di una donna nel commando stragista, o se vi fossero solo uomini di Cosa Nostra. Nuovi testimoni, infatti, parlerebbero di presenze estranee alle cosche. Forse entità di altre nazioni che hanno sempre avuto un interesse strategico in Sicilia. Tracce genetiche riconducibili a una persona di sesso femminile sarebbero state trovate su alcuni reperti recuperati dalla polizia scientifica a soli 63 metri dal cratere sull’autostrada: un paio di guanti da chirurgo in lattice di gomma che contenevano una traccia di DNA femminile.
Brusca, durante il processo, ha sempre descritto la sua versione dei fatti, fornendo dettagli sulle fasi di preparazione dell’attentato, inclusi i calcoli sulla velocità dell’auto di Giovanni Falcone per l’attivazione dei detonatori. Tuttavia, queste nuove scoperte gettano un’ombra sulla completezza delle sue rivelazioni.
Una Nuova Identità e un Passato Inesorabile
Ora Giovanni Brusca è un uomo libero, con una nuova identità. Potrà spostarsi nel paese come e dove vuole. Questa libertà, concessa a un uomo responsabile di crimini efferati, riapre ferite profonde nella memoria collettiva italiana.
Una domanda, più di tutte, continua a risuonare, una ferita che nessuna giustizia potrà mai sanare: cosa provò veramente Giovanni Brusca quando assassinò strangolando un bambino, figlio di un pentito, con cui aveva giocato, per poi scioglierlo in un bidone con acido cloridrico? Un atto di una crudeltà inaudita che resta impresso nella storia criminale italiana, e che la libertà di Brusca non può far dimenticare.
La notizia del ritorno in libertà di Giovanni Brusca riaccende il dibattito non solo sulla giustizia e sulla sua applicazione, ma anche sui limiti e le implicazioni morali della legge sui collaboratori di giustizia, nata per sconfiggere la mafia ma oggi utilizzata da chi l’ha incarnata.
Davide Cannella
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