Delitti del Mostro di Firenze: Il DNA Riapre la Pista Sarda Osteggiata per Decenni

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Firenze, 23 Luglio 2025 – Un’ombra lunga cinquantasette anni continua ad aleggiare sui delitti del Mostro di Firenze. Quella che per decenni è stata una delle pagine più oscure della cronaca nera italiana, potrebbe ora avvicinarsi a una svolta decisiva grazie ai progressi scientifici e alla tenacia investigativa. La riesumazione dei resti di Francesco Vinci e il conseguente esame del DNA hanno prepotentemente riaperto la “pista sarda”, un filone investigativo che l’investigatore privato e criminologo Davide Cannella ha sempre sostenuto con convinzione.

Le nuove analisi genetiche hanno rivelato una verità sconcertante per Natalino Mele, l’unico testimone del primo duplice omicidio attribuito al Mostro. Natalino, che all’epoca dei fatti aveva solo sei anni, ha scoperto che il suo padre biologico era Giovanni Vinci, il più grande dei tre fratelli Vinci, tutti legati in qualche modo a questa terribile vicenda. Questa rivelazione porta con sé un peso storico e nuove, inquietanti domande.

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Natalino fu testimone della brutale uccisione di sua madre, Barbara Locci, e del suo amante, Antonio Lo Bianco, avvenuta nel 1968 a Castelletti di Signa, l’omicidio che segnò l’inizio della scia di sangue del Mostro.

Una Dichiarazione Sconcertante e Nuove Verità
“I sardi non li conosco”, ha dichiarato Natalino a “La Nazione”, una frase che stride drammaticamente con la nuova realtà biologica. Sebbene Natalino sia il figlio biologico di Giovanni Vinci e cugino di Francesco Vinci, entrambi originari della Sardegna, la sua percezione personale cozza con le evidenze scientifiche, riaccendendo i riflettori su un filone investigativo troppo spesso trascurato nel corso degli anni.

La Voce della Persistenza: Le Tesi di Davide Cannella
Il criminologo e investigatore privato Davide Cannella, da anni convinto della matrice sarda dei delitti, ha sempre sostenuto che il mostro, o i mostri, andassero ricercati tra individui in qualche modo collegati al primo omicidio di Barbara Locci. Le sue indagini hanno costantemente puntato il dito contro le “stravaganti inesattezze investigative” che hanno caratterizzato la lunga e tortuosa inchiesta.

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Le parole di Natalino rafforzano ulteriormente la tesi di Cannella: “Pacciani”, afferma Natalino, “può essere stato quello che è stato, per quello che ha fatto, ma non il mostro. Non è possibile, né una traccia, mai visto da nessuno. Era uno che si sapeva muovere, che conosceva le zone. Il delitto perfetto non esiste ma in questo caso ne ha fatti otto.”

Questa affermazione, proveniente da chi ha vissuto in prima persona l’orrore iniziale, scardina le piste che per anni hanno dominato la narrazione mediatica e giudiziaria, concentrandosi su figure come Pietro Pacciani, Mario Vanni, Giancarlo Lotti, Ferdinando Pucci, e teorie che spaziavano dalla setta satanica alla massoneria, fino a Vigilanti e al “Rosso del Mugello”.

“Il Mostro o i Mostri”, ribadisce Cannella, “appartenevano alla pista più corretta, quella sarda. Forse andava trovata non su un maniaco alla Dott. Jekyll e Ms. Hyde ma con una buona probabilità tra l’anonima sarda e forse in particolar modo tra due nuovi adepti.”

Una Nuova Speranza di Verità
La riesumazione dei resti di Francesco Vinci, avvenuta lo scorso settembre su sollecitazione dello stesso Cannella, potrebbe finalmente aprire un nuovo e decisivo capitolo nella saga irrisolta dei delitti del Mostro di Firenze. Si spera che questa rinnovata attenzione e le nuove evidenze scientifiche possano finalmente portare alla verità, dare giustizia alle vittime e porre fine a uno dei più grandi enigmi irrisolti della storia criminale italiana.

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