Galeone Santo Spirito – Ritrovata a Punta Chiappa la leggendaria nave affondata con un tesoro a bordo.
L’esperto ci racconta
Il nostro esperto di Archeologia ed Archeologia subacquea, Dott. Daniele Venturini, ci racconta di un altro tesoro sommerso nelle acquee italiane.
Il Dott. Ph.D. Daniele Venturini, Archeologo. E’ Dottore di Ricerca Internazionale – Università Politecnica di Valencia (ES) , presso la Facultad Bellie Artes in: ” Ciencia y Restauración del Patrimonio Histórico – Artístico” e ha maturato un Master in Didattica, Divulgazione e Nuovi Media nell’Antichità; con Perfezionamento in Tecniche della Comunicazione presso l’Università di Ferrara.
Caratteristiche della nave e del naufragio
Potrebbe appartenere alla leggendaria nave “Santo Spirito”, con il suo carico preziosissimo, il relitto di epoca cinquecentesca, ritrovato al largo di Punta Chiappa, sul promontorio del monte di Portofino. La nave nel tardo pomeriggio di quel fatidico 29 ottobre 1579, cercava di doppiare a Levante la punta di Capo di Monte (l’attuale Promontorio di Portofino) per mettersi al riparo da una furiosa mareggiata di Libeccio, non riuscì nella manovra, veniva sbattuta contro la scogliera nello specchio di mare antistante la Chiesa di San Nicolò tra Camogli e Punta Chiappa: si trattava della Santo Spirito, una nave da circa 1.800 tonnellate di portata, una delle più grandi fra quelle che solcavano in quei tempi il Mediterraneo.
Armatore e Capitano
Il suo porto di armamento era Ragusa di Dalmazia, repubblica marinara del medio Adriatico, che stava in quel periodo vivendo un momento grande ricchezza, grazie alla gestione del traffico commerciale per conto di una clientela ampia e diversificata. La nave era capitanata da Antonio Iveglia Ohmuchievich, appartenente ad una delle più illustri famiglie di quella città marinara.
Stato di servizio della Santo Spirito
Da documenti dell’Archivio Storico di Ragusa di Dalmazia (Dubrovnik in slavo), risulta che il Galeone, era già in navigazione prima del 1568 al comando di Giorgio Iveglia, fratello di Antonio. La Santo Spirito per quasi due lustri aveva prestato servizio su altre rotte, quando per la prima volta, aveva attraccato nel porto di Genova, nel luglio del 1578, provenendo da Ibiza, come confermano le registrazioni del pagamento delle imposte portuali. Da questi documenti, oltre a fornirci informazioni sulla sua stazza, ci indicano che il suo equipaggio era composto di circa 130 elementi tra marinai e ufficiali. Al momento dei fatti in narrativa, il capitano cui erano imputate le imposte risultava ancora il già nominato Giorgio Iveglia; purtroppo, a seguito di un incidente, il passaggio del comando tra i due fratelli doveva essere avvenuto, con ogni probabilità nell’autunno-inverno di quell’anno, mentre la nave era impegnata, a “servizio” della Corona di Spagna, nel trasferimento di truppe imbarcate nel territorio spagnolo, verso i porti italiani di Livorno e La Spezia, essa era stata investita sulla costa spagnola da rovinosi fortunali ( Perturbazione atmosferica di eccezionale intensità, con venti fortissimi, che provoca gravi devastazioni a terra e notevoli difficoltà alla navigazione. N.d.r.), che le avevano causato seri danni all’alberatura e allo scafo e provocato la morte di undici marinai e dello stesso capitano. La Santo Spirito dopo essere stata danneggiata dalla perturbazione sopra specificata, dovrebbe essere stata ferma per vari mesi in un cantiere navale, per essere riparati i danni subiti. La Santo Spirito ricompare a Genova, tornata dalla Spagna, nel settembre del 1579. Dai documenti d’archivio risulta che il 15 del predetto mese, l’ambasciatore spagnolo residente a Genova l’aveva noleggiata, per conto della Regina, Corte di Napoli.
Rinvenimento
I resti del vascello raguseo sono stati trovati dai sub Gabrielle Succi e Edoardo Sabaraini, del “Rasta Divers” di Santa Margherita Ligure, nel corso di una esplorazione eseguita nel mese di giugno u.s., i reperti ritrovati indicano che si tratta di un vascello di grosse dimensioni, risalente al ‘500 e del tipo corrispondente alla celebre nave affondata in zona dopo essere stata respinta dal Porto di Genova perché proveniente dalla Spagna dove infuriava la Peste Nera.
Gabriele Succi, intervistato da Salvo Sottile, per GEDI Visual il 19 giugno 2020, riferiva: “Eravamo in esplorazione in una zona solitamente trascurata dai subacquei, quando la nostra attenzione è stata catturata, a una profondità di più di 50 metri, da un’area occupata da reti da pesca abbandonate. Questo ci ha fatto pensare che poteva essere una zona interessante, – precisava Succi – abbiamo scoperto una serie di legni ordinati, che sembravano essere i resti di una nave del millecinquecento.”
Edoardo Sabarini, nella stessa intervista, riferiva: “Ho provato una forte emozione, perché i legni emergevano per un bel tratto del fondale e, sono molto grossi. Sabarini spiega nell’intervista di aver pensato subito che poteva trattarsi dei resti di un relitto di epoca moderna”.
Il prezioso carico che si trovava a bordo
Il prezioso carico che si trovava a bordo
La Santo Spirito, era carica di di sete preziose, oggetti di valore immenso e armi (5 cannoni in bronzo destinati alla difesa di Napoli) di fattura eccezionale, come risulta dalla documentazione. I cannoni in bronzo destinati alle difese di Napoli, il cui peso complessivo doveva superare le 13 tonnellate, per valore complessivo stimabile in Lire 14.000 circa. In oltre, vi era anche, una partita di 14 tonnellate di chiodi. Tutto l’equipaggio, dopo il naufragio, che era avvenuto non lontano dalla costa, venne salvato dalla popolazione locale, dimostrando grande solidarietà, considerato che gli uomini dell’equipaggio potevano essere contagiati dalla peste.
Primo tentativo di recupero del carico
Sembrerebbe che il governatore spagnolo ingaggiò i migliori nuotatori della zona di Camogli e Genova, per recuperare il preziosissimo carico, ma questi non riuscirono per il maltempo che continuava a colpire la zona e per un’epidemia di Peste che era scoppiata.
Tentativo di localizzare il relitto nel 1971
In realtà fu fatto un tentativo per localizzare il relitto, infatti, nel 1971, fu avviata un’operazione di ricerca a vista patrocinata da un’associazione storica locale, che coinvolse anche una quarantina di sommozzatori militari; tale campagna di ricerca, non portò purtroppo ad alcun risultato, forse a causa della densa vegetazione che caratterizza quell’area sottomarina e rende molto difficoltoso l’avvistamento e probabilmente anche per la presenza di un potente sedimento che potrebbe aver inglobato le tracce del naufragio.
Più di recente l’Istituto Idrografico della Marina Militare Italiana ha condotto un’indagine strumentale non dedicata nella zona, rilevando un’anomalia che deve essere ancora interpretata.
Ricognizione della Soprintendenza
Simon Luca Trigona, responsabile della Soprintendenza archeologica subacquea della Liguria, sempre intervistato da Salvo Sottile, ha spiegato: “Sono cauto nell’identificazione del relitto – aggiunge – il luogo di rinvenimento sotto Punta Chiappa, dove alla fine del sedicesimo secolo, è naufragato il galeone Santo Spirito, le caratteristiche dell’imbarcazione, fa parte delle grandi navi, che hanno una tipologia di scafo che potrebbe essere assimilato con quello della nave affondata”.
Alessandra Cabella, Storico d’Arte subacqueo della Soprintendenza Liguria, nella stessa intervista sostiene: “Se riusciamo a reperire i soldi per finanziare la campagna di scavo, considerato che il relitto giace a più di 50 metri di profondità, per questo motivo è un’impresa impegnativa, possiamo rinvenire molti reperti”. Cabella prosegue: “ci si può aspettare di rinvenire delle ceramiche, monete, medaglie, o strumenti utili alla navigazione, ecc”. e conclude: “Tutti questi reperti che verranno rinvenuti, serviranno a datare il relitto”.
Ricognizione dei Carabinieri Subacquei di Genova
Il Nucleo Subacqueo dei Carabinieri di Genova, in questa occasione, come in tantissime altre, coadiuva la Soprintendenza Archeologica subacquea, per la vigilanza sui siti archeologici sottomarini che sono stati scoperti negli anni. In questo caso i Militari dell’Arma, sono stati attivati per fare una ispezione e acquisizione di immagini di elementi strutturali.
Il relitto si trova a più di 50 metri di profondità ed era quasi completamente coperto da reti da pesca. Il fasciame si intravedeva. Nelle vicinanze dello specchio d’acqua dove si trovava il relitto vi era una tonnara. Inizialmente si sospettava che il fasciame rinvenuto fosse riconducibile all’affondamento di alcune barche da pesca avvenuto negli anni 60 a seguito di una forte mareggiata. Benché i subacquei dell’Arma si occuparono, all’epoca, del recupero delle stesse, resti lignei delle imbarcazioni rimasero comunque giacenti sui fondali. Dopo il primo sopralluogo, in considerazione delle grandi dimensioni del fasciame rinvenuto, si escludeva che si trattasse dei resti delle predette imbarcazioni da pesca. Le ispezioni continueranno al fine di ricercare nuovi elementi di studio e di confronto per verificare che si tratti inequivocabilmente del relitto della Santo Spirito.
Conclusioni
Vi sono buone possibilità, che i resti rinvenuti dai sub del “Rasta Divers” di Santa Margherita Ligure, possano essere quelli del galeone Santo Spirito, considerato che, come dichiarato dai Sub, che hanno fatto la scoperta:
“I legni rinvenuti sono molto grossi e compatibili con una nave di grosse dimensioni, della fine del ‘500”.
Questo particolare veniva confermato dai Carabinieri sommozzatori dopo aver fatto il sopralluogo, e anche dal funzionario della Soprintendenza. Visto che il luogo del rinvenimento, come detto dal Dott. Trigona, coincide con il punto dove è naufragato il galeone Santo Spirito, a mio parere, questi sono indizi importanti per sperare che i resti possano appartenere alla nave Santo Spirito, registrata nelle imbarcazioni della marineria di Ragusa di Dalmazia, però non è sicuro; per avere la certezza, necessita una conferma, che è possibile avere soltanto da uno scavo ”in situ”, ad opera dei subacquei dei Carabinieri, sotto la supervisione della Soprintendenza Archeologica Subacquea della Liguria. Se tra i resti conservati nei fondali marittimi di fronte a Punta Chiappa, a più 50 metri di profondità, vengono rinvenuti i canoni in bronzo eventualmente non recuperati, soprattutto le 14 tonnellate della partita di chiodi rimasti quasi sicuramente sul fondale, allora potremmo affermare con certezza che si tratta del relitto del Santo Spirito.
Daniele Venturini