Lo studio: gli esiti delle sentenze dipendono se il giudice è a digiuno o no.

Tempo di lettura 2 minuti

di Luca Cannella

Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica PNAS (link) ha evidenziato come certi fattori esterni ed interni siano in parte la causa degli esiti delle sentenze in tribunale. Certo va da se, quando ci confrontiamo con la realtà auspichiamo che ogni decisione presa dal giudice sia frutto della sua totale imparzialità e della capacità di applicare la legge. (a volte di parla di interpretazione?)

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Il metodo

Lo studio ha acquisito 1112 sentenze giudiziarie, raccolte in 50 giorni in un periodo di 10 mesi, prodotti da otto giudici che presiedono due diverse commissioni per la libertà vigilita delle quattro principali carceri in Israele. Dette commissioni, da sole, rappresentano quasi il 40% di tutte le richieste di libertà vigilata nell’intero paese. Il campione di detenuti in esame era composto da 727 maschi ebrei-israeliani (65,3%); 326 maschi arabo-israeliani (29,3%); 50 femmine ebree-israeliane (4,5%) e 9 femmine arabo-israeliane (0,9%). Queste carceri ospitano detenuti che stanno scontando la pena per crimini di appropriazione indebita, aggressione, furto, omicidio e stupro. La maggior parte delle decisioni nel campione consiste in richieste di libertà condizionale; il resto consiste in richieste di libertà vigilata per la modifica dei termini della loro libertà vigilata (come ad esempio, una richiesta di rimozione di un dispositivo di localizzazione).

Il Risultato

Secondo i risultati di questa ricerca i detenuti avevano maggior probabilità di ottenere la libertà condizionale quando comparivano davanti ai giudici al mattino presto, dunque all’inizio della sessione di udienze, o immediatamente dopo la sospensione delle attività per la pausa pranzo .

(Io stesso ho visto un giudice di “non so chi” del tribunale di “non so dove” che letteralmente dormiva durante l’arringa del P.M. ndr).

Contrariamente subito prima di pranzo, le possibilità ottenere la libertà condizionale erano drasticamente più basse. (Certamente, nello studio si considerano i fattori prettamente giuridici che hanno portato il giudice alla scelta o meno di concedere la libertà condizionale). Secondo i risultati l’aggravante era proprio data dalla stanchezza dal sovraccarico cognitivo connesso al lavoro svolto dal giudice.

In ogni caso, sebbene i dati non consentano di verificare direttamente se gli esiti della sentenza siano dati da ciò che il giudice ha mangiato a colazione, suggeriscono che le decisioni giudiziarie possono essere influenzate dal fatto che il giudice si sia preso una pausa per mangiare o per riposare.

Giustamente diremmo noi…ma questo ragionamento funziona se dobbiamo andare a fare shopping con la moglie.

Fonte PNAS

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