Lucca, il recupero dell’Urna Bernardini

Tempo di lettura 5 minuti

Il 16 giugno del 2022 è stata ufficialmente restituita alla città di Lucca l’Urna Bernardini, nel suo nuovo allestimento al Museo nazionale di Villa Guinigi. Presente a Lucca almeno dal 1442 come ci documenta l’umanista Ciriaco d’Ancona, che la descrive all’interno dell’ormai scomparsa chiesa dei SS. Giovanni e Reparata, attestata in seguito all’interno del cortile di Palazzo Bernardini, sin dal 1785 fino al 1836, se ne persero successivamente le tracce. Comparsa a inizio 900, scompare improvvisamente per poi ricomparire a Belluno nel 2019.

Fronte dell’Urna Bernardini

Questi oggetti seriali hanno comunque un notevole valore, soprattutto per l’Urna Bernardini che ha un legame particolare con la città di Lucca. Questi oggetti rimangono spesso per anni nelle case private, rinvenuti casualmente nei lavori di ristrutturazione, sono tenuti gelosamente come ricordi di famiglia finché i discendenti non decidono di venderli per ottenere un guadagno economico. E’ allora che il mercato clandestino si attiva, sopratutto in presenza di un oggetto mirabile come questo. Mostre e notizie ne esaltano la raccolta in trionfali ritrovamenti collettivi ma bisogna stare attenti a leggere tra le righe di una propaganda spesso politica.

Gli originale bronzei o in raro marmo lunense sono spesso altrove e in terra straniera. La nostra urna Bernardini ha comunque un pregio ragguardevole: presenta accanto agli stipiti della porta degli scudi ovali ammassati. Essi non alludono alla carriera militare del defunto ma hanno un valore agonistico di vittoria.

Qui si entra nel campo del “mistero” o meglio dire del “giallo”

L’urna capostipite di questo stile decorativo fu rinvenuta ad Anagni ed è opera artistica di eccezionale valore. Come per l’urna Bernardini questa presenta degli scudi ovali che rimandano al mondo brabarico, in particolare a quello della “Base della Colonna Traiana”.

Del resto, è anch’essa un’immensa urna che racchiudeva le ceneri dell’Imperatore Traiano, conquistatore della Dacia, odierna Romania. L’urna di Anagni presenta però questa decorazione di scudi, armi e carri in modo fitto e riempitivo su tutti i lati: un magnifico “horror vacui” che preannuncia l’arte tardo-antica. Questa iconografia insolita e bellissima richiama sicuramente alla carriera militare del defunto ma non è presente nessuna iscrizione. Forse si trattava di un generale dello stesso Traiano ma il dilemma più grande è un’altro: perché è esposta al Metropolitan Museum di New York che l’ha acquistata per oltre 260 mila dollari da Sotheby’s alla fine degli anni 70?

Quest’oggetto non è seriale bensì di pregevole valore artistico ed è ivi esposta dal 2002. Il reperto non mostra volti, nomi ed epigrafi come detto e solo su un lato presenta un arco di trionfo al posto della porta: è unico nel suo genere e se ne sono ben accorti gli addetti del MET. Tutti quei cumuli di scudi, schinieri, corazze ed elmi rimandava chiaramente alla base della Colonna Traiana: era sicuramente un pezzo da accaparrarsi assolutamente: la base d’asta iniziale era infatti fra 60 e 90 mila dollari. I suoi pannelli rappresentavano un valore di alta qualità per un committente speciale: un generale o un alto condottiero.

Podcast Art & Crimes

C’è un vero e proprio giallo dietro a questa urna, dai connotati fraudolenti: sembra infatti acquistata con la tecnica dei “trovatelli”. Ne ho parlato più volte nei podcast di Art&Crimes: i tombaroli spediscono i reperti al ricettatore “a rate”, cioè ridotti in più pezzi, trovatelli appunto, e poi ricomposti. In questo modo sono difficilmente rintracciabili.

Ritrovata ad Anagni, in una camera sepolcrale, nel 1899 era in vari pezzi e mancava di un vistoso frammento ricomparso magicamente dopo l’acquisto del Met. Esportato illegalmente dal nostro paese negli anni 60, fa indignare che quest’oggetto fu pubblicato almeno nove volte dopo il ritrovamento: era cioè ampiamente conosciuto e catalogato. L’urna è attestata con foto ad Anagni almeno fino al 1928 e sempre con un’ampia parte mancante in uno dei pannelli maggiori, nell’angolo in alto a destra.

Oltre alla palese tecnica del trovatello, rappresentato da questo grande frammento mancante e ricomparso per magia ad un’asta di Sotheby’s del 1988, notiamo un’altra tecnica già vista per il “Lisippo di Fano” e che rimanda al mondo della Crimnalità Organizzata Internazionale di stampo mafioso. Come per il nostro “Atleta di Fano” anche “l’Urna di Anagni”, prima di migrare in America, inizia a vagare fra vari collezionisti europei. Un peregrinare più corto rispetto al “Lisippo di Fano” ma altrettanto sospettoso. Il vistoso “trovatello” poi non è stato mai documentato sino dalla scoperta dell’urna nel 1899.

Atelta di Fano dal Getty Museum di Malibù nel 1977.

In questo troviamo un parallelismo con la nostra “Urna Bernardini”, anche cronologico: scomparsa da Lucca a inizio 900, se ne sono perse le tracce fino al 2019. Lo ribadisco: il mercato clandestino dell’Arte è capillare e radicato e per molti versi gareggia per il secondo posto dopo quello della droga. Gli oggetti posono restare nascosti anche per decenni e ricomparire improvvisamente. Il lacerto mancante dell’Urna di Anagni ha fatto la stessa comparsa: acquistato da Ariel Hermann poco dopo che il MET si è accaparrato l’urna: lo dona subito al museo americano. L’urna quasi integra fa bella mostra di sé nella nuova ala restaurata dalla Fondazione Shelby White e Leon Levy. Questa coppia di collezionisti sono famosi per i numerosi capolavori italiani estratti illegalmente dal nostro sottosuolo. E’ chiaro che c’è stata un’attività mediatrice fra chi ha acquistato il “trovatello” e la coppia di facoltosi “mecenati”, si fa per dire: quest’attività di mediazione ha permesso al MET di fare mambassa del nostro patrimonio sotterraneo.

Non è un caso dunque che il frammento dell’Urna di Anagni sia arrivato proprio ad Ariel Hermann. Però, come ribadito nel podcast “Archeologia e Sistema Piramidale”, quest’attività d’oltre Oceano non sarebbe possibile senza una base in Italia, siamo innanzi a una Criminalità Organizzata Internazionale. Insieme al marito Jhon è spesso citata nei propcessi a carico di Gianfranco Becchina che è stato uno dei vertici della Piramide che estraeva abusivamente reperti dal suolo pubblico. La coppia è stata dunque in contatto con Becchina per trattare gli acquisti illeciti. L’Urna Bernardini è anch’essa mancante di un pezzo: il coperchio. Questo apre alla possibilità che spunti fuori improvvisamente dopo l’Urna: il passare dei decenni non conta. Come per l’Urna di Anagni il lacerto mancante e mai documentato è apparso dopo molto tempo. Qusto fa capire come il traffico clandestino dei reperti archeologici sia radicato e sotterraneo: difficile da sradicare, esso non è’ ancora scomparso e mantiene lo stesso “Modus Operandi”.

CONDIVIDI
  • https://securestreams3.autopo.st:1369/stream
  • Radio Caffè Criminale ON AIR
  • on air