Roma, smantellato clan a La Rustica: 14 arresti

Tempo di lettura 2 minuti

Di Daniele Vanni

Dagli incendi alle torture, la costellazione di un internazionale giro di droga

I Carabinieri del Comando provinciale di Roma hanno smantellato un sodalizio criminale operante nel quartiere La Rustica, all’estremo Est di Roma e del Grande Raccordo Anulare.

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Il clan colpito era edito al traffico di droga, con detenzione di armi clandestine, che erano servite per sequestri ed estorsioni.

Si tratta di 14 arrestati, 6 in carcere e 8 agli arresti domiciliari.

I reati contestati vanno dall’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, cessione e detenzione ai fini di spaccio, tentato omicidio, lesioni, tortura, sequestro di persona, estorsione e incendio, nonché detenzione illegale e commercio di armi da sparo.

L’indagine trae origine dal ferimento di un uomo, avvenuto nel 2017, attinto da più colpi d’arma da fuoco alle gambe, mentre si trovava all’interno del complesso residenziale del quartiere La Rustica.

Le indagini, coordinate dalla Dda capitolina, hanno consentito di risalire all’autore del fatto di sangue, il pregiudicato Daniele Carlomosti, e di ricondurre l’evento ad uno scontro sorto tra quest’ultimo e il fratello Simone, per la gestione delle attività illecite.

Da questa lotta, in stile mafioso, gambizzazioni, incendi ed esplosione colpi d’arma da fuoco, contro appartamenti e veicoli.

Fino, appunto. al tentato omicidio di Simone. Colpito dal fratello che gli aveva sparato contro, addirittura, dal balcone della sua abitazione.

Gli interessi erano cospicui. Nelle intercettazioni, si è registrato un imminente acquisto di mille chili di hashish dal Marocco da trasportare prima in Spagna e poi in Italia mediante un gommone, poi intercettato dalla polizia marocchina che riusciva ad intercettare il carico al largo delle coste africane.

Ma il clan operava anche sequestri di persona, con l’uso di torture come quelle subite da un soggetto che aveva con il sodalizio criminale, un debito di 64.000 euro per una partita di stupefacenti non pagata.

In questo caso, la vittima era stata porta all’interno di un appartamento rivestito interamente di teli di plastica, per non lasciare tracce di sangue, legato, spogliato e torturato per ore.

Ma i pestaggi dei vari pusher, morosi, erano all’ordine del giorno. Costretti, se non in possesso di denaro a cedere orologi o auto.

In seno al sodalizio, ricoprivano importanti ruoli importanti anche alcune figure femminili. Come la zia e la moglie di boss Daniele Carlomosti (in passato in rapporti con Massimo Carminati).

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