Caso Yara Gambirasio, per il gip: “pm Ruggeri va indagata per depistaggio”

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Il gip di Venezia si è espresso in ordine alla conservazione dei 54 campioni di Dna trasferiti dall’ospedale San Raffaele al tribunale di Bergamo

Letizia Ruggeri, il pm di Bergamo che si è occupata dell’assassino di Yara Gambirasio, “deve essere indagata per depistaggio “ in merito alla eventuale non corretta conservazione dei 54 campioni di Dna rinvenuti sul cadavere della 13enne di Brembate e che la difesa di Massimo Bossetti chiede da tempo di potere analizzare.

Lo ha stabilito il gip di Venezia Alberto Scaramuzza che ha ordinato la trasmissione degli atti al pm della procura di Venezia perché proceda all’iscrizione nel registro degli indagati della pm.

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A seguito di una denunzia-querela e di un atto di opposizione della difesa di Bossetti, “in buona parte indirizzati nei riguardi proprio di comportamenti del pm Letizia Ruggeri si impone – scrive il gip – la necessità di un’estensione soggettiva dell’iscrizione nei suoi confronti” in relazione al reato di frode processuale e depistaggio previsti e puniti dall’ articolo 375 del codice penale, reato punito con il carcere da 3 a 8 anni, per chi “immuta artificiosamente il corpo del reato ovvero lo stato dei luoghi, delle cose o delle persone connessi al reato” (comma 1).

Una decisione quella del gip che ha come finalità quella di “permettere al pm una compiuta valutazione anche della sua posizione in relazione a tutte le doglianze dell’opponente, che richiedono un necessario approfondimento, sia al fine di permettere alla stessa un’adeguata difesa”, si legge nel dispositivo con cui il giudice veneto ordina l’archiviazione per Giovanni Petillo e Laura Epis, rispettivamente presidente della Prima sezione penale del tribunale di Bergamo e funzionaria responsabile dell’Ufficio corpi di reato.

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La questione su cui si è pronunciato il tribunale di Venezia (competente territorialmente sui magistrati di Bergamo) riguarda le 54 provette contenenti la traccia biologica mista di vittima e assassino, spostati dal frigorifero dell’ospedale San Raffaele di Milano all’ufficio Corpi di reato del tribunale di Bergamo.

Per Claudio Salvagni, difensore di Bossetti, quel cambio di destinazione, interrompendo la catena di custodia e del freddo (i campioni erano conservati a 80 gradi sottozero) potrebbe aver deteriorato il Dna rendendo vana qualsiasi nuova analisi.

Nell’atto di quasi 70 pagine, di opposizione all’archiviazione, si mettono in fila più date a partire dal 26 novembre 2019 (dopo la pronuncia della Cassazione) quando la difesa richiese l’accesso ai campioni di Dna e l’indomani ottiene l’autorizzazione, ma non sa che il pm Ruggeri ha già chiesto di spostare le provette: il 21 novembre i 54 campioni vengono tolti dal frigo e consegnati dal professore Giorgio Casari ai carabinieri di Bergamo, e questi poi raggiungeranno il tribunale il 2 dicembre 2019, “12 giorni dopo” aver lasciato il San Raffaele.

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