Nuovi guai da Lucca per il sottosegretario Sgarbi
2021. A Lucca, dove ormai Sgarbi è di casa (ha allestito qui mostre come quella sulla follia con 200 opere ed altre ne farà l’anno successivo) si tiene l’esposizione “I pittori della luce”, Da Caravaggio a Paolini, proprio a cura di Vittorio Sgarbi, che ha un debole per quel “buio” seicentesco, dove appaiono volti o scene come illuminate da un faro si scena. E si sa che Vittorio vive per la scena…
Lucca ospita la mostra “I pittori della Luce” dall’8 Dicembre 2021 al 2 Ottobre 2022, presso l’Ex Cavallerizza: in esposizione più di 100 opere provenienti dai principali musei italiani e da prestigiose collezioni ecclesiastiche, private e internazionali.
Una mostra “impossibile”, capace di raccontare attraverso i capolavori del Seicento il ruolo della luce nella pittura da Caravaggio, il primo regista della storia dell’arte, fino a Pietro Paolini, protagonista lucchese delle più importanti tematiche estetiche della nuova scuola naturalistica.
La mostra comprende opere di: Caravaggio, Pieter Paul Rubens, Pietro Paolini, Jusepe de Ribera, Mattia Preti, Matthias Stomer, Pietro Ricchi, Trophime Bigot, Giovanni Serodine, Giovanni Domenico Lombardi, Orazio Gentileschi e molti altri.
Ma al di là delle divagazioni artistiche è che “stranamente” una funzionaria della sovrintendenza (del capoluogo toscano?) chiama da Lucca un noto restauratore lombardo, Gianfranco Mingardi, restauratore di 68 anni che fin dagli anni Ottanta collabora con il critico-collezionista più famoso d’Italia, Sgarbi: “Gianfranco, è quello che hai sistemato tu?”. Gli manda la foto, a lui sembra proprio quello. “Sono sicuro, è lo stesso dipinto e si vede anche dalle imperfezioni come le gocciolature, un bravo copista mai le avrebbe riprodotte”.
Ma perché questa funzionaria chiama proprio Mingardi? Forse perché sa che lui ha restaurato, pulito e curato, un quadro “simile”?
Stiamo ripercorrendo “indagini” svolte da “Il Fato Quotidiano” e Report che potrebbero…
Ma ritorniamo al restauratore Mingardi che è sicuro di quanto afferma: lo sa per certo perché quel quadro, l’ha tenuto nel suo laboratorio per ben cinque anni, lo conosce palmo a palmo. Salvo per un dettaglio: il quadro in mostra a Lucca ha una candela, sullo sfondo in alto a sinistra: “Sono certo che non c’era” – dice al Fatto Mingardi, scuotendo la testa, convinto che sia stata dipinta (o fatta riemergere) con l’intento di differenziarlo il tanto che basta da poter dire “vedete che è diverso, non è quello rubato!”.
Rubato?! Si, proprio così. Due anni fa, Vittorio Sgarbi quando inaugurava a Lucca la mostra “I pittori della luce”, mostrava il pezzo forte: un “inedito” di Rutilio Manetti, un dipinto caravaggesco del ‘600 che vale diverse centinaia di migliaia di euro. Il Fatto Quotidiano scopre però che tanto inedito non è: quella Cattura di San Pietro si ritrova infatti tra le foto della banca dati dell’Interpol e risulta rubata!
Fino al 2013 si trovava in un castello di Buriasco, non lontano da Pinerolo, di proprietà di un’anziana signora, Margherita Buzio. Sgarbi è stato lì più volte. Ed un suo fedelissimo, Paolo Bocedi, si propone per comprarlo: la signora rifiuta. Poche settimane dopo, scopre che dei ladri si sono introdotti nel castello e hanno ritagliato e asportato la tela del Manetti. Al suo posto, trova una foto dell’opera attaccata con una spillatrice. La vittima denuncia il furto, avanza anche dei sospetti, ma il fascicolo viene subito archiviato dall’allora procura di Pinerolo. Passano dieci anni, e la tela rispunta restaurata a Lucca, ma con un dettaglio diverso: una torcia sul fondale che nella foto dell’Anticrimine non c’è. Il restauratore di Sgarbi, però, è sicuro: “Il quadro è quello, me lo portò un amico di Vittorio insieme a un trasportatore, arrotolato come un tappeto”. Chi è quell’amico? Paolo Boccedi che lo portò dal restauratore assieme ad un compagno, in moto.
Mingardi, dopo l’articolo del Fatto ed in attesa della puntata di Report, lui ha messo mano a oltre 100 dipinti, molti dei quali mai pagati, compreso quello esposto a Lucca, dopo l’intervista, è stato sentito per ore dai carabinieri del Nucleo tutela dei Beni culturali di Roma come persona informata dei fatti. Così il suo racconto: “Nella primavera del 2013 mi chiama Vittorio. Ti mando un dipinto da mettere a posto”. Gli verrà consegnato a metà luglio 2013 all’uscita dell’autostrada A4, appena fuori dal casello di Rovato, “senza telaio, arrotolato come un tappeto” aggiunge, mostrando le foto che fece prima di metterci mano e dopo aver terminato il lavoro. Precisa che Sgarbi venne anche di persona nel suo studio per sollecitarlo. La scheda degli interventi eseguiti riporta “prima pulitura, inserti, velinatura, telaio”. “Mi resi conto che quella tela scottava, gli chiesi allora un’attestazione di proprietà. Disse che me l’avrebbe mandata ma non lo fece, e quando protestai mi disse di star tranquillo, che tanto poteva raccontare che stava a villa Maidalchina, quella poi indicata nella mostra. Gliela restituii finita il 10 dicembre 2018”.
Del quadro Mingardi non sa più niente fino alla telefonata di questa funzionaria di cui ad ora non si conosce il nome.
Ma ora nel quadro “rimpicciolito” di una quindicina di cm. per parte (ricordate che i ladri l’aveva tagliato per portarlo via?) appare anche quella fantomatica candela sullo sfondo.
Ma sembra tutto troppo facile, troppo “chiaro.
È mai possibile che un personaggio come Sgarbi esponga in una mostra nazionale un quadro che è sul catalogo dell’Interpool??!
Interpellato sul punto, a quanto si legge sui quotidiani e forse vedremo nella prossima puntata di Report, – il sottosegretario sosterrà che è suo. Aveva comprato una villa di campagna a Viterbo e ci trovò dentro un Manetti, ma: “Uno ha la candela e l’altro no, sono diversi”, dice al Fatto.
La scheda della mostra firmata da Sgarbi e accreditata dal professor Marco Ciampolini, esimio conoscitore del Manetti e della pittura senese, indica una provenienza certa. “Stava nella villa Maidalchina di Olimpia Pamphilij vicino a Viterbo, ora proprietà della Fondazione Cavallini Sgarbi, eretta tra 1615 e 1625. Il dipinto è ricordato, genericamente fra altri quadri, nell’inventario dell’11 ottobre 1649, redatto dal notaio Cosimo Pennacchi, dei beni di Andrea Maidalchini, fratello di Olimpia. Le opere d’arte, fra le quali il celebre Busto di Innocenzo X di Alessandro Algardi, passarono poi a Giulio Bussi e ai conti Gentili”. “Viene da Villa Maildalchina”, ripete Sgarbi anche alle telecamere di Report, sostenendo ancora di aver comprato la villa e averci trovato dentro un Manetti.
Ma i giornalisti non demordono e indagano sugli atti di acquisto di questa villa rudere dove non si troverebbe, stando almeno alla carta stampata, opere del Manetti.
Un’opera del manetti apunto quella “senza candela” l’hanno invece i carabinieri del Nucleo tutela Patrimonio culturale di Roma. È relativa alla denuncia per furto sporta al comando dei carabinieri di Vigone, non lontano da Pinerolo, ed è datata 14 Febbraio 2013. Alla denuncia corrisponde un fascicolo contro ignoti aperto dalla Procura di Pinerolo, ma archiviato dopo una settimana. La denunciante è la signora Margherita Buzio, 85 anni, che vive in una bella villetta di Bugliasco con annesso un castello del 1300, per un furto con taglio della tela di un quadro scelto accuratamente tra tanti.
La verità è tutta da appurare, ma è certo che su questa vicenda verrà fatta piena …luce!
*Daniele Vanni*