Sciopero delle toghe, l’adesione si ferma al 48,4%
di Daniele Vanni
L’iniziativa contro la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario, approvata dalla Camera e ora all’esame del Senato
Mentre il voto per indire allo sciopero era stato se non plebiscitario (si dice sempre così non per rifarsi al voto romano quando includeva la “plebe” ma soprattutto lo si dice un po’ con ironia come avvenne il voto straripante, anche troppo delle varie regioni all’Italia nascente, dove i voti a favore furono a…maggioranza bulgara!) certo assai simile, dove per lo sciopero di un giorno: «non per protestare ma per essere ascoltati», si era dichiarato ben 1.081 sì, 189 contrari e 13 astenuti, alla prova dei fatti, nonostante le solite dichiarazioni propagandistiche (lo sapete che nelle presenze c’è il cosiddetto “dato della questura”, quasi sempre al ribasso, e quello “sindacale” cioè dei promotori di uno sciopero, quasi sempre al rialzo) in verità l’adesione si è fermata a meno di un punto e mezzo dalla maggioranza: 48, 4%. Mentre fonti sindacali parlavano all’inizio di un dato superiore al 60%, poi ridimensionato.
Questo il dato dell’adesione allo sciopero contro la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario, approvata dalla Camera e ora all’esame del Senato.
“In un contesto generale non facile, c’è stato un livello di adesione all’astensione comunque importante”, ha commentato il segretario dell’Anm Salvatore Casciaro. “Ciò dimostra come l’Associazione si sia fatta interprete autorevole del disagio e della preoccupazione reale di tanti magistrati. Ci sono ancora i tempi e gli spazi per modifiche migliorative del testo e spero ci sia anche la volontà delle forze politiche di confrontarsi per apportare i dovuti correttivi”, ha sottolineato.
A 12 anni di distanza dall’ultima protesta, allora indetta per ragioni economiche, i magistrati sono tornati ad incrociare le braccia. Ma lo sciopero non ha paralizzato affatto la giustizia. E questo ha molti significati che dovranno essere interpretati. Il primo, nel confronto, che abbiamo detto, tra la sproporzione tra tanti che hanno promosso lo sciopero, e i molto meno che poi hanno aderito, ad appena una quindicina di giorni di distanza. Poi, il raffronto con gli altri, rari, scioperi di una categoria che non è adusa a questa forma di protesta come i metalmeccanici. Una percentuale, quella di oggi, che impallidisce a fronte dell’80% raggiunto nell’ultimo sciopero di categoria, nel 2010, e del 68% del 2002 quando i giudici si mobilitarono contro la riforma dell’ordinamento giudiziario del ministro leghista Castelli. Tra le grandi città, Roma è sotto la media nazionale con il 38%, Milano è al 51, ma al tribunale del capoluogo lombardo il dato scende al 39. Sopra la media Napoli (53%), Palermo (58%), Reggio Calabria (53%), Salerno (54%) e Perugia (50%). Flop evidentissimo in Cassazione con il 23%.
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