Cos’è l’orbiting, la nuova frontiera del bullismo a sfondo sessuale
Il termine orbiting deriva dall’inglese “to orbit”, che significa orbitare attorno a qualcosa. Si tratta di una nuova tattica di approccio amoroso basata sull’ambiguità e sull’assenza di comunicazione chiara tra preadolescenti. Tattica subdola e pericolosissima.
Alla fine dello scorso anno scolastico, ben il 20% è stato vittima di vessazioni di questo genere. Dopo due anni di pandemia, il ritorno alla cosiddetta “normalità”, non ha portato i miglioramenti sperati sul fronte della lotta al bullismo. È quanto è emerso dall’Osservatorio “Bullismo e Cyberbullismo”, e da Skuola.net in collaborazione con Citroen Italia, per il progetto RispettAMI. L’iniziativa che si propone al contrasto al fenomeno sempre più dilagante nelle scuole tra gli adolescenti.
Dalla ricerca sarebbe emerso che il bullismo, online e offline, continua a colpire tante ragazze e ragazzi: solo nell’ultimo trimestre dell’anno scolastico trascorso, il 13% degli adolescenti ha dichiarato di aver subito vessazioni occasionali e il 7% li avrebbe subite in modo sistematico.
I bersagli preferiti dal fenomeno sarebbero prevalentemente quelli sulla disabilità, orientamento sessuale ed etnia diversa. La fascia di età preferenziale, nelle forme di bullismo, pare preferire quella tra gli 11 e i 16 anni. 4 giovani su 10 sono stati vittime di bullismo proprio per il loro orientamento sessuale, oltre un terzo (35%) è stato preso in giro per il loro l’aspetto fisico.
La ricerca ha evidenziato nuove forme di vessazione attraverso i social network che, sottilmente, possono avere un impatto devastante sulla psiche di chi le subisce.
Una di queste è il cosiddetto “orbiting”, ovvero la pratica che vede una sorta di controllo esterno di un ex partner senza che vi sia necessariamente alcuna comunicazione diretta. Controllo che si “limita” a commentare o lasciare reactions.
Le “categorie” più colpite, secondo la ricerca in esame sarebbero le ragazze e i “non binary”.
Più invasiva e devastante risulta essere quelle forme vessatorie che si concretizzano nella circolazione sul web senza il loro consenso di materiale intimo, estorti, da uno dei partner.
Si tratta del cosiddetto “non consensual sharing”, una delle manifestazioni più fastidiose del “revenge porn”.