Bagno di sangue il 1° Maggio del 1947 a Portella della Ginestra
Un mistero fin troppo evidente.
Il 1º maggio 1947 in località Portella della Ginestra, nel comune di Piana degli Albanesi in provincia di Palermo, ci fu un eccidio attribuito alla banda criminale di Salvatore Giuliano che avrebbe sparato contro la folla di contadini inermi riuniti per celebrare la festa dei lavoratori.
La sparatoria, con fucili e armi da guerra provocarono la morte undici persone tra cui molte donne e diversi bambini. I feriti furono diverse decine.
La strage, nei giorni successivi dette inizio a una serie di assalti a sedi dei partiti di sinistra e delle camere del lavoro di tutto il paese. Quel giorno circa duemila lavoratori della zona di Piana degli Albanesi, e altri da San Giuseppe Jato e San Cipirello, molti dei quali agricoltori, si erano riuniti a Portella della Ginestra, una località montana del comune di Piana degli Albanesi per la festa dei lavoratori. In quel periodo le condizioni di vita del popolo erano estremamente misere e, come poi raccontato da alcuni sopravvissuti alla strage, molti avevano aderito alla manifestazione solo nella speranza di mangiare qualcosa.
La manifestazione aveva lo scopo di poter portare avanti la riforma agraria che cercava di sopperire alla povertà diffusa nella quale versava l’intera Sicilia in quel periodo. Riforma pericolosissima per alcuni latifondisti che vedevano in pericolo il loro potere economico e sociale.
La strage sarebbe stata organizzata il giorno prima a seguito di una lettera ricevuta da Salvatore Giuliano. Lettera da lui bruciata subito dopo.
Questi, insieme ai suoi uomini, si recarono sul promontorio dal quale si dominava l’intera vallata. Verso le 10 del mattino, partirono sulla folla in festa numerose raffiche di mitra, che si protrassero per circa un quarto d’ora e lasciarono a terra undici morti tra donne e bambini e decine di feriti gravi.
Anche se è facile intuire la risposta, la domanda sorge spontanea:
Chi ha ordinato la strage al bandito Giuliano e soprattutto cosa gli è stato offerto in cambio?
Gaspare Pisciotta, cugino di Salvatore Giuliano, aveva minacciato di fare i nomi dei mandanti al processo che si era aperto qualche tempo dopo all’intera banda, ma non farà in tempo a svelare i nomi. Verrà assassinato in carcere con un caffè alla stricnina.